Papà, ti racconto perché ho detto no a un talent (e a molte altre cose)

Ciao papà,

Questa lettera è indirizzata a te, ma anche a tutti i miei parenti, amici, conoscenti e fan che almeno una volta nella loro vita mi hanno chiesto “Ma perché non vai a X-Factor? Perché non vai a un talent… Meriti di farti conoscere”.

Io vi ho sempre dato le mie spiegazioni, vi ho sorriso e gentilmente e vi ho detto che no, non l’avrei fatto perché non è tutto oro quel che luccica, che è contrario al mio percorso musicale, che non è detta sempre la formula talent = fama.

D’ora in poi, quando mi faranno la domandina, io, morissi qua, gli linkerò a voce questo articolo.

Prima di iniziare ti devo fare una confessione papà. Io un provino per un talent, a gennaio, l’ho fatto.

E adesso ti spiego anche perché.

Prologo.
Era un periodo di forte abbandono musicale. Ho fatto concerti bellissimi, altri in cui la gente mi ascoltava a malapena, ho girato l’Italia in treno, in auto, con o senza amici, e mi sono organizzata praticamente tutto da sola. Ero conscia dei rischi e del fatto che senza aver nessun tipo di aiuto e protezione sia le gioie e che i dolori che questo mestiere comporta mi avrebbero fortificato e mi avrebbero indebolito molto.

Ho girato l’Italia papà! Ho visto posti che mai mi sarei sognata di vedere con la mia musica, pagata poco, motivata tanto, solo con l’aiuto di bravi musicisti che hanno garantito per il mio stato di esordiente autoprodotta. Con un disco interamente finanziato tramite il crowdfunding! Anche se non sono proprio giovanissima. Ma non puoi sempre pretendere che la gente si faccia delle domande sul perché il primo disco è uscito alla soglia dei trent’anni.

Lo sappiamo solo noi, pap’s. Nessuno ci ha mai regalato niente, abbiamo incontrato dei cattivi maestri, abbiamo smesso di chiedere per i troppi no. Abbiamo fatto bene? Male? Boh. Il passato è veramente passato, e non si può più tornare indietro e riscrivere la storia.

E poi ho vinto il Premio della Critica a Amnesty – Voci per Libertà con “Scampo“… E quello è stato bello perché con la mamma sei arrivato il giorno della semifinale e io non ci speravo proprio, e quando ti ho visto dietro le transenne ti sono corsa incontro e praticamente ti sono saltata al collo. Vedere gli occhi orgogliosi e felici di Andrea, mio fratello, tuo figlio, mentre stringevo il Premio della Critica è ancora una delle immagini più belle che tengo nella mia videoteca dei ricordi felici e me la mando a loop quando sono giù.

Ma devi sapere altre cose. Che già in quel periodo c’ero e non c’ero. Che suonavo e non riuscivo a divertirmi, perché c’era sempre qualcos’altro a cui pensare. Che quando fai un disco ci si espone. E chi si espone si assume dei rischi. In questi rischi c’è il fatto di venire giudicati. E chissà per quale motivo nella nostra testa risuonano sempre più alte le critiche che i complimenti, o le soddisfazioni. Perché di persone sincere che gioiscono veramente ai tuoi successi ce ne sono poche.  Molte di più quelle che ti fanno vedere dove sbagli.

Mi ricordo di un giorno in cui ho portato il premio da un mio grande amico. Non era stato presente la sera della premiazione, anche se ci tenevo tanto che ci fosse. L’ha guardato, mi ha detto un formale “Complimenti” e poi ha continuato a fumare e a chiacchierare con gli altri suoi amici.

Queste sono le cose per cui ti abitui a non entusiasmarti troppo. A ridimensionare le cose. Così eviti di starci troppo male. E impari a vivere tutto in maniera più distaccata e disillusa.

Devo dirti papà, che fa un po’ schifo questa cosa. Io non sono così. Me l’hai insegnato tu.

Papà, ci dicono che dobbiamo fare musica soprattutto per noi stessi. Che non dobbiamo guardare le mode, e che fondamentalmente la differenza la fanno i soldi e/o le conoscenze, che la strada è lunga, e che prima di crederci gli altri ci dobbiamo credere noi.

E la credo tuttora così, e penso tuttora che la musica sia la mia vita. Ma tu continua a suonare per mesi senza trovare più stimoli. Senza gioia, senza aver voglia nemmeno di toccare la chitarra o provare gioia per un pezzo di altri. Cominci un po’ a morire dentro e a preoccuparti perché il disco va bene, ma tu non riesci davvero a vivertelo bene. L’arte, per quanto si faccia per sé stessi, ha bisogno di essere accolta e ascoltata. Hai bisogno di sentire un po’ di tepore sulle dita, un po’ di caldo nella pancia, un po’ di emozione nella voce.

Ti manca una rete di supporto, soprattutto quando le persone che hanno creduto in te ti hanno (inconsciamente? O no?) abbandonata. Tutta la forza e l’energia che ti ha spinto avanti l’hai buttata fuori, e non ti arriva niente.

Arrivano i dubbi su te stessa, sul tuo talento, cominci a cambiare il live, ad aggiungere, a mettere in dubbio tutto.

Arrivano nuovi amici che credono in te, ma tu hai troppa paura che anche loro ti abbandoneranno.

E così ho smesso di parlare. Di chiedere.

La proposta.
Mi arriva la proposta di un talent. Via messaggio privato su Facebook. E la prima reazione è quella di rispondere malamente e dire “Guarda che io sono quella che ha fatto una maglietta con scritto *Perchè non vai ad Amici?* visto che tutti glielo chiedevano”.

Poi ci penso. E penso al fatto che il prossimo disco ha bisogno di più fondi per creare un prodotto di qualità, dall’audio al video, che ho bisogno di una squadra e che forse un po’ di aiuto dal medium televisivo possa darmi una mano. Ma sono molto, molto combattuta. Ne parlo con amiche cantautrici che l’hanno fatto.

“Fallo, io sono uscita dopo due puntate. Ha fatto girare il nome e ho potuto pretendere un po’ di più sul cachet. C’è il rischio che possa farti del male, ma tu hai già un percorso definito e sai cosa vuoi, non credo che possa arrecarti danno”

“Nel mio caso mi ha danneggiata… Pensa che c’erano dei locali che sapendo che l’avevo fatto non volevano farmi suonare. Ora forse è diverso… Dipende tu cosa vuoi, intanto è un provino… Fatti la domanda: a te, un talent, cosa serve? Per carità, io poi ho fatto Sanremo… Ma non è che poi abbia fatto tanto la differenza”

“Ficcati in testa che pubblico televisivo non è uguale a persone che comprano i tuoi dischi, o vengono ai tuoi concerti. A me quel talent ha bloccato per 6 mesi e non potevo fare nulla. Ho visto amici a cui erano state promesse aperture importanti che poi son svanite perché è arrivato quello dell’anno dopo ed era più fico. Non è musica, è spettacolo televisivo. Quelli della tv sono cinici. Mi ha fatto male fisicamente”

“Se vai a fare un talent ti prendo a calci nel culo”

Il provino.
E’ un pomeriggio uggioso, a Milano Lambrate. Ho un numero sul petto e compilo una liberatoria. Mi hanno chiesto di preparare 10 pezzi, in italiano e in inglese.

Sono con la penna e in mano e ancora prima di entrare so già che con i talent non ho niente a cui spartire.
Oh papà, è proprio vero. A certe cose devi proprio sbattere il naso davanti per avere la riconferma che non fanno per te.

Nel foglio di presentazione dell’artista che mi fanno compilare c’è un 30% di domande sulla mia carriera artistica e un 70% sulla mia vita personale. Sulle persone che mi hanno ostacolata, chi è la persona più importante della mia vita, se se sono fidanzata, se ci sarà qualcuno a fare il tifo per me durante le puntate…

Ora. Io uso questo blog, i social, i miei concerti, la mia musica per raccontare quello che voglio della MIA vita. L’ho messo in conto, di espormi, quando ho cominciato.

Ma questo non significa che debba farlo la mia famiglia. Ci sono cose talmente preziose che io voglio che rimangano al sicuro, protette con le mie spalle, difese con le mie unghie.

In tutte queste cose ci sei anche tu. E non vi darò certo in pasto a chiunque.

Un conto è essere giudicata per la musica che faccio, un conto per la vita che conduco. Non ho bisogno di un pubblico che compatisca le mie vicende personali.

Papà, ho fatto il provino. Ho cantato due canzoni. E la domanda che mi hanno fatto alla fine è stata: “Perchè hai scritto NON LO SO su Sei sposata/Fidanzata?”

Mi sembrava di essere al colloquio di lavoro per entrare a Confindustria, quando mi chiesero se avevo intenzione di fare figli nel breve periodo.

Dopo.
Ho ricominciato a studiare per il diploma di chitarra, almeno ci sto provando. Ho fatto un altro lavoro per dimenticarmi completamente della musica, per poi rendermi conto che non posso fare a meno di lei! Ho ricominciato a suonare e a rimettermi in gioco. Ci provo. Come al solito in situazioni più belle, in altre in situazioni meno carine.

La vita è sempre complicata papà, e ci saranno sempre i buoni e i cattivi, e a volte i cattivi sono talmente cattivi che ti convincono che non sei brava abbastanza per continuare, ma continuo a credere che se vuoi fare strada e non hai santi in Paradiso devi

  • Continuare a fare buona musica
  • Continuare a essere gentile e dare spazio agli altri
  • Continuare a fare il tuo lavoro in maniera onesta e professionale

Io lo so che ci sono le scorciatoie, che alcuni giorni starò di merda per un’occasione sfumata o perché non ho l’amico giusto, che a volte non basta solo fare buona musica ma anche quell’Altro che forse io non ho o non sono in grado di fare. Lo so che suonerò in tanti posti dove la gente starà con il cellulare in mano e non sarà in grado di emozionarsi perché è troppo distratta dai troppi stimoli, come pure so che ne colpirò magari 2 su 100.

Lo so che farò una cosa e non andrà bene, poi la cambierò e comunque non andrà bene. Farò un disco e mi diranno “Perchè non fai cover?” e quando farò cover diranno “Basta con le cover!”. Mi chiederanno tanti più post con la mia faccia e meno in cui dico quello che penso. Cerco sempre e comunque, nonostante la macchina non mi piaccia, che il messaggio e la mia essenza non si sporchino.

In questo mondo di views, di amici influencer e di like continuerai a dirmi

“Dovresti fare Sanremo. Meriti che tante persone ti ascoltino!”

E ci saranno giorni in cui sarà stanca, ma voglio continuare a essere me stessa, con le mie battaglie da affrontare. Ho solo bisogno che tu creda nelle scelte che ho fatto, che non mi risparmio mai e che basta davvero poco, tipo venire a un mio concerto, farmi ascoltare ai tuoi amici, consigliarmi e darmi un tuo parere sulla serata, e io farò di tutto per migliorarmi, perché sai che sono una secchiona precisa di prima.

Continuerò a svegliarmi la mattina e a pensare al disco nuovo, al tempo che voglio dedicargli rispetto al tempo che non ho, affaccendata in mille lavori per finanziarlo prossimamente.

Perché è la mia Vita papà, e magari tu vorresti un grande pubblico. Credici con me come ti ho scritto, e magari le persone smetteranno di pensare che non serve un talent per dare luce a dei giovani talentuosi, ma soprattutto andare ai concerti, ascoltarli, e investire su di loro.

Ti voglio bene papà,

Elisa

4×01 “Sabotaggi”, Antifragile

Se dovessi scegliere un verso che mi rappresenta di più nell’album in lavorazione, sarebbe sicuramente “Lorenzo, o come tutti dicean Renzo/ studiava di notte con l’ansia/ di non essere mai abbastanza”.

A parte il riferimento ai Promessi Sposi del trio Lopez-Marchesini-Solenghi di cui sono letteralmente malata (un altare ad Anna Marchesini, subito), “Renzo e Lucia” è la storia dei due personaggi manzoniani trasportati al giorno d’oggi. Mi sono domandata: come potrebbero vivere? Che mestiere potrebbero fare? Chi sarebbe il Don Abbondio della situazione? E soprattutto, vorrebbero ancora sposarsi al giorno d’oggi?

Nel mio testo Renzo è un “jazzista di un certo livello e modesto impiego” (fa due lavori, cassiere in una pizzeria e garzone in una salumeria) mentre Lucia è “ballerina di seconda fila” che per arrotondare fa la commessa. Vivono in un piccolo appartamento e sono troppo impegnati a sopravviversi per capire se si amano davvero. Sono due persone che vogliono/volevano intraprendere una carriera artistica, ma nell’attesa di sfondare si sono trovati un’occupazione diversa da quella che desideravano.

Non ho voluto esplicitare per quale motivo i due non riescano a guadagnarsi da vivere rispettivamente come musicista e ballerina, i motivi sono molteplici, dalla sfortuna a difficoltà di varia natura, al motivo che preferisco in questo periodo.

Renzo e Lucia sono due SABOTATORI. Un po’ come me.

“Sopra o sotto?” (cit.)

Avete presente il film “Inside Llewin Davis – A proposito di Davis” dei fratelli Coen? Per chi non l’avesse visto racconta la storia di Llewyn Davis, musicista folk di talento, che dorme sul divano di chi capita, non riesce a guadagnare un soldo e sembra perseguitato da una sfortuna sfacciata, della quale è in buona parte responsabile. Davis è un antieroe puro come tanti altri personaggi dei Coen, non passa ai provini perché non è un leader, tergiversa, si vede sfilare davanti colleghi che reputa meno bravi di lui.
Anche Llewyn Davis fa parte della grande categoria dei SABOTATORI. Scappa, sceglie di non scegliere.

Ho sempre promesso di essere estremamente sincera sul come mi sento in questo periodo. In queste settimane mi sono fatta prendere letteralmente dal panico, influenzare da migliaia di fattori esterni. Dal fatto che non ho un’etichetta discografica, che non ho un booking, che dovrei fare più gente ai concerti, che non ho network etc.etc. E spesso faccio così: parto con grande entusiasmo e poi quando le cose cominciano a farsi tangibili comincio a vedere in ogni occasione un ostacolo, una difficoltà, qualcosa che mi farà stare male. Mi spavento.
Il mio istinto di autoconservazione comincia a pensare che le cose sono sempre più difficili di quello forse sono, che devo prepararmi al peggio. Ho paura di sprecare tempo e fiato, e il paradosso è che nel momento stesso in cui lo penso sto effettivamente sprecando tempo ed energia in questo tipo di macchinazioni.

Da “La paura più grande” post lungo sul blog di Zerocalcare, uscito il 7 Aprile 2015

Sono una SABOTATRICE quando scelgo di non scegliere. Quando devo per forza complicare il gioco. Quando opto per una cosa che non mi piace, perché posso spartire il mio fallimento con la costrizione sociale. Ed è molto più facile.

Con Stefano siamo a 5 brani su 13 pre-prodotti. Nel gergo dei musicisti la pre-produzione è come la brutta copia di un tema: dopo aver messo a posto la struttura della canzone cominci a capire che ritmo potrebbe avere la chitarra, che groove la batteria, il basso. Si sgrezzano gli arrangiamenti.
Ho passato due giorni tentando di vedere il marcio anche lì. E poi mi sono accorta di una cosa: giorno dopo giorno, Stefano butta giù le batterie e i bassi e mi faccio contagiare dalla sua esperienza e bravura. Comincio ad avere idee sugli arrangiamenti, una visione d’insieme che mi mancava. Sulle batterie, io che con la ritmica non sono mai andata d’accordo, ma robe brutte tipo che a momenti non so cosa sia una cassa e un rullante (buuuh).

Tra tanti aspetti, due cose in musica ti fan capire se sei cresciuta: se riconosci gli errori tecnici e se cominci a “sentire” quello di cui prima non ti accorgevi. La crescita è accorgerti di quello che prima non percepivi.

Mi sono resa conto di essere una SABOTATRICE. Ho tanti amici come me, e strano a dirsi, sono le persone più intelligenti e dotate che io conosca. Sono persone che hanno grandi difficoltà ad amministrare la loro forza, e si perdono. Che spreco, direbbero i più.
Io no. E’ estremamente difficile andare contro noi stessi, ma riconoscerlo intanto è un bel primo passo. Buttatelo fuori, fate un bel coming out e poi prendetevi un bel gin tonic con un amico. Che di gente-ruspa sgrammaticata ne è pieno il mondo, ma voi servite veramente a qualcosa.