8×01 “Amore, medicine e chitarrette”, Antifragile

Interrogazione di storia.
“Bene Bonomo, su cosa si è preparata?”
“Beh veramente prof, sugli Assiro-Babilonesi”.
“Molto bene. Mi parli dello slancio vitale di Bergson”.
“Ma come prof…”.
“Beh scusi, fa sempre parte del programma scolastico”.

Ho riassunto in poche parole cosa significa registrare le chitarre in studio con Stefano. Sono sempre stata una precisina, una di quelle che deve studiare la parte cento volte per evitare figuracce, ma soprattutto per non far perdere tempo a chi ho affianco. Invece, dopo aver fatto la brutta copia di come avrebbero dovuto suonare sopra batteria e basso, mi ritrovo a fare tutto daccapo. Al momento.

In quei momenti schizzavo malissimo. All’inizio.
“Non ne sono in grado”.
Adesso è quasi sfidante. Anzi, è sfidante.

I più sanno che il mese di aprile l’ho passato completamente a letto, con la faccia sformata, febbre alta, incapace di camminare. Poi i medicinali sbagliati hanno fatto il resto, bloccandomi le mani, togliendomi il sonno, disturbando pesantemente il mio umore.
Finita la malattia, è arrivato un sovraffaticamento muscolare alla mano sinistra.
Mano quasi ferma per due mesi. Per una che deve registrare le chitarre definitive del suo album praticamente una pacchia insomma.

Ma non mi sono persa d’animo. Ne ho approfittato per fare una cosa.

Da quando ho 15 anni, con tantissimi stop-and-go, studio chitarra elettrica.
Devo essere sincera, non ho mai avuto questa grande mano rock, ma non è stata tutta colpa mia.
Sin dall’inizio le Accademie o le Scuole partono con UNA COSA CHE A ME NON E’ MAI ANDATA GIU’: GLI ASSOLI DI CHITARRA.

Per me l’assolo di chitarra è un atto di egoismo. Lo faccio se necessario, altrimenti fottesega.
Vuoi mettere la chitarra ritmica?

Qualsiasi tipo di insegnante medio (salvo rare ed intelligenti eccezioni) parte dicendoti di ascoltare nell’ordine:
Steve Vai
Joe Satriani
Paul Gilbert
Yngwie Malmsteen
e tanti tanti altri.
Insomma, dei virtuosi.

Poi vai in sala prove con gli amici e non riesci a fare la chitarra ritmica di “Smells like teen spirit“, non hai gusto nella scelta del suono e dei vari stili. Ma shreddi da Dio e fai le pirole a 180bpm.
Poi vai a fare il turnista in studio di registrazione e ti dicono “Vorrei un assolo meno eroico. Fammi una chitarra marcia”. (cit. Alberto Milani). E tu vai in crisi.
Va tutto benissimo.

Beh, dicevamo. L’inferma Erin se ne sta a letto e ne approfitta finalmente per cercare il tipo di suono che le piacerebbe avere. E che cosa fa? Cerca i chitarristi che fanno quel tipo di musica che le piace. E fatalità sono chitarristi che le Accademie non cagano nemmeno di striscio.
Ascolta Jeff Buckley, i Pixies, i Killing Joke, i Sonic Youth, i Joy Division, i Radiohead, gli Stooges, i Cure, i primi U2. Ascolta con grandissima attenzione finalmente i Led Zeppelin e gli Ac/Dc.
Ascolta le ritmiche, prova a riprodurre gli assoli con la voce, ma giusto per sfizio.
Ascolta perché non riesce a suonare, ma le sue mani hanno già nuove idee. E ha dei suoni in testa.

“Questa malattia ti ha fatto veramente bene! Il suono è migliorato tantissimo!”
(Khaled Abbas – il mio insegnante di chitarra MMI, giovedì 26 maggio… Due settimane che non toccavo i manuali)

“L’impressione che ho, sentendoti, è che tu vuoi fare bene il tuo compitino. E’ tutto preciso e a tempo, ma è scolastico. Non mi interessa. Voglio un suono anche sporco, ma di cuore. Voglio sentire le ghost note, il carattere!”

“Suoni staccata. Accompagna il suono fino all’ultimo”
(Stefano, 23 aprile 2016 – registrazioni di “Anima Nera”)

“Pensa a Keith Richards. Questo riff se lo fai tutto a pennate in giù lo ammazzi. Ascoltalo bene. Magari non sarà tecnicamente giusto, ma senti che corpo”
(Stefano, 24 maggio 2016 – registrazioni di “Fango”)

Ogni commento mi faceva diventare sempre più piccola alimentando la voce che sì, ero una chitarrista scarsa.
Ma il mio problema non era la tecnica.
Mancava il collegamento cervello-cuore-mano.
Mancava il “proviamoci, comunque vada”.

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[Una rara foto che ritrae Stefano Pivato non di spalle. Ph: Andrea Bonomo]

Un mese in studio con un istintivo mi hanno dato molto di più di 15 anni di chitarra. Mi hanno insegnato il controllo ma anche l’istintività, la ricerca, l’accettazione di quella voglia di buttare via tutto per rifarlo di sana pianta, la voglia di suonare e di divertirmi. Di lasciarmi andare, finalmente. Chiudo gli occhi e mi diverto.
Dopottutto per me suonare è un’esigenza. La mia frustrazione nasceva dal non fare uscire tutta me stessa.
Per quanto ti dicano le cose, le capisci solo quando ti passa un tram sopra.
Siamo sulla buona strada.

La mano ogni tanto fa male. Khaled mi dice di non darci troppo peso, a volte sono cose psicosomatiche.

E negli ultimi due live, magicamente riesco a fare delle piccole improvvisazioni che non fanno troppo cagare.

“Suoni molto bene la chitarra, complimenti! Che tecnica!”
(Astanti al live al Comarò, astanti al live al Lighthouse Pub probabilmente alticci)

Sia ben chiaro, io sono FELICE di frequentare un’Accademia e dei continui input che riesce a darmi. Khaled Abbas è un insegnante eccezionale. Un altro chitarrista che mi piace un mondo e vi consiglio di frequentare almeno una volta una sua clinic è Alberto Milani.
Ma lo dico per me e per gli altri chitarristi: nessun paraocchi. Formatevi anche esternamente. Siate curiosi per conto vostro, cercate il suono, il cuore, oltre alla tecnica. Ascoltate di tutto e rubate dai vostri chitarristi a piene mani.
Cazzeggiate. Cercate di capire gli accordi usati nel funk, i lick blues, il tempo nel punk, lo sporco del grunge, l’effettistica della new wave o del dark.
Ascoltate gli altri strumenti! I giri di basso dei New Order, le batterie dei Nine Inch Nails, il pianoforte di Tori Amos. Altrimenti sarete come quei musicisti che non sanno suonare senza uno spartito davanti.

Ma che cazzo di bello è successo in questo mese?

Sostieni il mio disco su Musicraiser: perchè e come funziona

Martedì 10 maggio è partita ufficialmente la raccolta fondi per il mio album d’esordio solista, “Antifragile”. Sarà attiva fino al 9 luglio e l’obiettivo di raccolta è 3.500 euro.

Ad ogni quota che deciderete di destinarmi, ci sarà una ricompensa ad hoc studiata per voi, che racconta un po’ della mia storia:
https://www.musicraiser.com/it/projects/5547-antifragile-il-mio-primo-album-solista

Le quote che prenotate saranno effettivamente prelevate dal vostro conto al momento del raggiungimento (o superamento) del traguardo, ma per coloro che non avessero un conto corrente o Paypal è anche possibile fare una raccolta a mano durante i miei concerti (o altro appuntamento) e mi impegnerò a versarli io.

Ho scelto il sito Musicraiser.it perché sono stata io stessa raiser (partecipante) di altri progetti e perché sempre più si dimostra una piattaforma seria ed efficace, capace di dare forma a quello che un tempo poteva essere una semplice utopia, ovvero DARE FIDUCIA A UN MUSICISTA PRIMA CHE LA SUA OPERA SIA COMPIUTA.

Da Musicraiser mi chiedono di raccontarvi una storia, del perché abbia iniziato il crowdfunding ed è molto semplice: non riesco a farcela da sola.

Come ho sempre fatto, vi dirò la verità. Non ho una casa discografica alle spalle disposta a investire su di me, non ho intenzione di partecipare a un talent (ansiosa come sono, morirei alla seconda puntata), non sono ricca di famiglia (ahimè) e realizzare un disco per un’esordiente costa veramente tanto.
Non ho dati da squadernare, non ho views da capogiro su youtube, non ho tette da urlo (o forse sì), non ho nulla se non i miei live in cui convinco le persone, una ad una, ad affezionarsi a me e alle mie storie.

Nel mare magnum delle persone assurde che ho incontrato in questi anni, da promoter a sedicenti manager, giornalisti e compagnia cantante, ho avuto la fortuna di conoscere una persona che mi ha dato fiducia, interpretato i miei pensieri e investito su di me: Stefano Pivato. Lui è il mio produttore artistico ed esecutivo, si è accollato metà delle spese di realizzazione, e solo per questo meriterebbe una vincita da Superenalotto al giorno.

Ecco, vedete, siamo in 2.

Da oggi, grazie a Musicraiser siamo 2 + 31 nuovi co-produttori.

Riconosco che il materiale da farvi ascoltare/vedere sia poco, o mediocre, non è una scusante ma è difficile gestire tutto. Non mi sto occupando solo dei miei concerti, ma di coordinare la grafica del cd ad esempio, o il videoclip di lancio, o la promozione, di procacciarmi date, di spedizioni, di maglie e shopper, di stringere mani di etnie diverse dalla mia. O di studiare le chitarre da inserire nell’album, altrimenti Pivato mi appende come un giaccone.

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Io quando sono finita nel banner di Musicraiser in home vicina a Bjork e ho chiesto i sali

Lo faccio perché ci credo assurdamente. Ma soprattutto perché è la ragione per cui mi alzo ogni giorno e faccio un lavoro extra la sera. Al di là di chi mi dice che c’è crisi, che con la cultura non si mangia… Ok ok, sì. E’ vero. Ma almeno non ho niente da perdere. Almeno, e FINALMENTE, sto facendo qualcosa che mi piace.
E vi giuro, a 30 anni di amici che lavorano e son contenti di quello che fanno li conto sulle dita di una mano. Monca.

Perciò, se non mi conoscete… Venite ai miei concerti. Ne faccio un bel po’ durante la campagna e così potete ascoltare le mie canzoni in anteprima.
Altrimenti fatevi una bella chiacchierata con me. Sentiamoci al telefono, via messaggio, via skype. Vi suono qualcosa. Giuro.
E poi mi valutate se “vi arrivo”, alla X Factor.

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Grazie a tutti coloro che stanno contribuendo/hanno contribuito/contribuiranno!
Ps. Un capito a parte sarà riservato alle RICOMPENSE! :P

#unacanzone02: Io sto bene, CCCP

Io sto bene/ io sto male/ io non so come stare
Io sto bene/ io sto male/ io non so come stare
Non studio non lavoro non guardo la Tv
Non vado al cinema non faccio sport
Non studio non lavoro non guardo la Tv
Non vado al cinema non faccio sport

Sono sempre stata un’allieva modello, con un grande rispetto per le regole e per le persone. Ma in fondo in fondo, ho sempre saputo di essere una ribelle.
Una punk testarda e amorale che rifiuta di vivere convenzionalmente.
Per la sua natura egoista e distruttiva, la tengo a bada da quando sono nata.
Ma c’è.
E poi sono arrivati i CCCP.

2006
L’internet esiste, vado all’Università e io sono povera. Come tanti faccio la pendolare tra Mira e Padova, ogni giorno con lo stesso treno in ritardo, affollato e puzzolente. Ma il viaggio mi permette di scoprire un sacco di nuova musica.
La mia educazione enciclopedica si basa interamente sulla pagina “Le pietre miliari” del sito di Ondarock, dischi fondamentali per vivere meglio, e dato che non ho amicizie particolarmente ferrate nel campo mi fido.
Un po’ mi dispiace non avere un confronto, ma il gusto della ricerca da autodidatta sta proprio nella scoperta individuale, nel trovare poi le derivazioni di un genere musicale, nei successivi paragoni. Da autistica quale sono, mi diverto come una pazza.
Credo sia stato l’anno in cui ho ascoltato in assoluto più disc… (ehm, mp3). Molti non li ho capiti, li ho capiti poi, ma ha aperto di 270° i miei orizzonti musicali (che se ricordate l’articolo precedente, erano di un cruento abate del 1200).

Ondarock ad un certo punto oltre alle “pietre miliari” internazionali inserisce anche quelle italiane.
[ndr: adesso la lista si è inciccionita di un bel po’, ma all’inizio c’erano sì e no 5 titoli]. Oltre ai consueti Battiato, De Andrè, c’è un titolo tra i cinque che solletica la mia curiosità:

“CCCP – 1964-1985 Affinità-Divergenze Tra Il Compagno Togliatti E Noi – Del Conseguimento Della Maggiore Età”

Un titolo lunghissimo. Diverso dai soliti sintetici, striminziti, criptici titoli.
Un titolo da film alla Lina Wertmüller. Questa cosa mi piace tantissimo.
“Affinità e divergenze… Al conseguimento della maggiore età…”
Questa gente parla come me.
E poi è punk. E io, sotto sotto, il punk l’apprezzo.
Cerca il disco, clicca, carica sul lettore mp3 (il dolcissimo Creative MuVo, altro oggetto di culto della mia giovinezza) e via.

Ore 7.26 – Stazione di Mira-Mirano – una giornata imprecisata del 2006
Cuffiette nelle orecchie, drum machine, chitarre taglienti, una voce paranoica che canta recto tono (o al massimo con salto d’ottava) mentre tutto l’impianto cambia. Una voce che recita testi scarni ma graffianti, e a tratti sottolinea più volte dei concetti come se fossero slogan. Mi entrano subito nelle vene, mi sento un brivido lungo la schiena quando qualcuno canta per me “Un’erezione, un’erezione triste per un coito molesto, per un coito modesto/ Spermi spermi indifferenti, per ingoi indigesti/ io attendo allucinato la situazione estrema” (Mi Ami) o “Produci, consuma, crepa/ Produci, consuma, crepa/ Cotonati i capelli, riempiti di borchie/ rompiti le palle/ rasati i capelli/ crepa/ crepa” (Morire) o “Curami, curami, curami/ Prenditi cura di me, prenditi cura di me” (Curami).
Mi regalano tutta la violenza, l’irriverenza e la paranoia di cui ho bisogno.
Le parole che vorrei dire ma che non ho mai il coraggio di pronunciare.
Il canto e la visione della maledetta provincia, per loro l’appunto l’Emilia Paranoica, per me il vergognoso Veneto.

Cuffiette nelle orecchie e arriva lei, la Regina.
La mia canzone preferita IN ASSOLUTO.

Come decidere di radersi i capelli/ di eliminare il caffè e le sigarette/ di farla finita con qualcuno o qualcosa/ una formalità“.
Che senso ha decidere tutto? Che senso ha farla finita con qualcosa? Se smetto con le sigarette, o con le droghe, con una persona, con la vita, sto meglio?
Io sto bene, io sto male, io non so come stare.
L’inno di ogni bipolare, praticamente.
Cosa decide cosa ci fa stare meglio o peggio? E’ una formalità. Una convenzione.
Per la prima volta trovo qualcuno che pensa quello che penso io. Che sono libera di non etichettare sempre uno stato d’animo.

Il mantra “nonstudiononlavorononguardolaTv” anticipa di almeno 30 anni il concetto di neet (Not (engaged) in Education, Employment or Training) e c’è un film che ne spiega il senso.

“Tutti giù per terra”, di Davide Ferrario, tratto dal romanzo di Giuseppe Culicchia.
Il giovane Mastandrea è Walter, un disoccupato che vive a Torino, iscritto all’Università ma con scarsi risultati. Vive la vita a modo suo, con romanticismo e cinismo. In maniera anticonvenzionale.
Walter, un po’ per codardia e un po’ per grande lucidità, non riesce a prendersi le responsabilità che il mondo adulto attorno a lui si aspetta, e dopo aver ricevuto la convocazione per il servizio civile, finisce in un centro di assistenza frequentato da extracomunitari, dove nemmeno lì riesce a sentirsi utile e parte integrante della società.

I CCCP, divenuti in seguito CSI, curano la colonna sonora e prendono parte al film nei panni di una commissione d’esame che boccia Mastandrea all’esame. Il più credibile di tutti è Zamboni. Canali mi fa spaccare.

Ma c’è un altro film dove “Io sto bene” è presente. Un altro film pietra miliare, “Paz!”, di Renato De Maria.

Paz! è tratto dai fumetti del disegnatore Andrea Pazienza e ambientato nella Bologna del 1977. Il film non è lineare, è fatto più a sketch visto che i protagonisti sono gli stessi dei fumetti di Pazienza. Consigliatissimo, da guardare con la felpa “1977” di Joe Strummer addosso.
Colonna sonora di tutto rispetto e segnalo tra gli sceneggiatori troviamo un certo Ivan Cotroneo.

Io sto bene” diventerà poi nei miei anni una suoneria del cellulare legata a un certo numero e a un certo contesto tumultuoso, una valvola di sfogo nei momenti di rabbia estrema, una pregevole cover acustica fatta in un locale veneziano con la mia amichetta Licia Missori. Cambia sempre faccia e significato, ma continuo ad amarla infinitamente.

Vi saluto con l’omaggio più bello mai fattole.