L’arte di rimanere in silenzio

«Sono gli uomini silenziosi che fanno le cose»
(Robert Baden-Powell)

Mi mancava scrivere. Mi mancava aggiornare un po’ le vicende di Antifragile dalla sua nascita alla sua crescita, perché nel frattempo sono cresciuta un po’ anch’io.
Questo disco ha quasi compiuto 9 mesi, e se penso a tutto quello che è successo in questo poco tempo, da autoprodotta tutto sommato posso dirmi che ho lavorato bene.
Ma per ammettermelo a me stessa e per vedere le cose con la giusta lucidità ho avuto e ho tuttora bisogno di rimanere in silenzio, ferma. E credetemi, per una che di media passa quasi 8 ore al telefono è un’impresa ardua.

La musica è un fatto personale.
E’ stata un’estate rocambolesca in cui ho dovuto affrontare una grande sfida: amore e musica.
La musica, come una storia d’amore, è un fatto personale. Viaggiare molto spesso da sola mi ha portato a dei forti livelli di stress, sbalzi d’umore, incapacità di gioire dei frutti del mio lavoro perché c’era sempre qualcosa dopo a cui pensare. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose che si sono innamorate del mio disco e che mi hanno permesso di suonare, ho girato l’Italia, ho stretto amicizia con musiciste di cui tempo fa ero solo fan. Ho vinto il Premio della Critica al Premio Amnesty, aperto il concerto di Nada (<3) e di Diodato. Ho visto amici sparire (letteralmente), altri stare male, ho dovuto dire addio a relazioni che non mi portavano da nessuna parte. Ho dovuto coordinare una band non dimenticando mai (e questo è sacrosanto) che si ha a che fare, oltre che con dei professionisti, con delle persone.
Ho dovuto scindere l’umano dal professionale. Fare le spalle larghe da ragazza dentro un mondo pieno di maschi.
Le persone che collaborano con te per lavorare bene DEVONO stare bene. Devono essere informate, remunerate, rispettate a tutto tondo ed è sempre molto difficile garantire tutto questo quando non hai uno staff alle tue spalle (tour manager, agente booking, etichetta, etc). Ho avuto la fortuna di avere dei musicisti e dei collaboratori che mi hanno capita, e non è cosa di tutti i giorni. Grazie amici miei.

Il tempo è la risorsa più importante di questo millennio.
Il punto 1 genera molta fatica, anche a livello relazionale. Per poter mandare avanti un disco in questo modo ci vuole molta energia, tante telefonate, tante chat, tante parole. Tutta questa energia a scapito della tua vita reale: compagn*, amici, famiglia, fratelli. Tutto passa in secondo piano perché stai cercando di tenere su l’investimento che ti ha fatto perdere il sonno per anni. Perché speri prima o poi che, visti i passi che hai percorso, qualcuno prima o poi si deciderà a darti un passaggio. Non lo puoi però pretendere, e quindi devi continuare a lavorare.
Le grandi risposte che dono in questi ultimi tempi sono “Sono di corsa”, “Ci sentiamo domani”, “Sono un po’ incasinata”.
Detesto rispondere via Whatsapp a cose importanti, raccontare della mia vita per messaggi vocali, e spesso mi rendo conto che sento più spesso i miei migliori amici solo per questioni di lavoro. Le risposte si fanno frammentate. Una condizione spesso frustrante.
Il tempo sta diventando sempre di più la risorsa più importante che abbiamo, da amministrare con prudenza e cura. Siamo così sovrastimolati da una serie di compiti diversi che alla fine della giornata non concludiamo nulla, e di tante conversazioni non riusciamo a chiuderne una. Teniamo in piedi tante cose, parliamo con tante persone… E non arriviamo mai al punto.
L’umano non è programmato per sostenere un carico di lavoro emotivo-relazionale del genere, figuriamoci nella questione musicale.

Ci sono pochi soldi (e si vede).
Nella scena del musicale, vivendola dal lato artistico e girando sempre più, mi sono resa conto di un fatto clamoroso: nella musica indipendente girano pochi soldi. Mancando gli investimenti, perché ormai chiunque può fare musica, tutti noi esordienti dobbiamo fare i conti con l’autopromozione o l’ibridato (metà artista, metà qualcuno pagato da te), e questo porta appunto a fare i conti con un budget che non risponde alle nostre aspettative, a un tempo eternamente mancante per lo studio di una buona performance live e compositiva. Devi arrivare al big di turno con la pappa pronta, come direbbe mia madre. Views su Youtube, Gente ai concerti, vendite assicurate. Poi diventiamo amici.
Quante volte mi son sentita dire che il mio disco non era abbastanza curato nel packaging, nella produzione, nelle grafiche.
Quante volte mi son sentita dire che dovrei girare con un fonico mio dato che il mio live è molto bello.
Sinceramente? La risposta è sempre la stessa. Budget. Se avessi avuto il triplo del denaro investito, probabilmente Antifragile avrebbe avuto un’eco mediatica più alta, un’esperienza migliore di packaging, avrei curato di più la parte visual, avrei cercato date più appetibili.
Ma devo fare i conti col fatto che a organizzare tutto ero io e solo io. E mi devo portare rispetto.
Ci vedremo al prossimo disco.

A volte non mi sembra che siano cambiate tanto le dinamiche di quando lavoravo come social media marketer. Passo il tempo a mettere in contatto persone, pianificare la mia settimana, gestire le eccezionalità, gestire (soprattutto) casi umani, difendere la mia categoria. Di tempo speso con la chitarra in mano ne ho sempre meno e di solito provo per i live, o al check.
Siamo alle prese (come sopra) con mille lavori per tirare a campare che al fin della fiera non ci assicurano un capitale accumulato.
Questo genera ansia e incapacità di generare materiale nuovo con tranquillità. Di studiare solo la nostra perfomance e la resa tecnica dello strumento & voce.
Quanto tempo ci ruba il postare un video sui social network? Quanto tempo ci ruba seguire i nostri eventi live, dalla ricerca della data alll’arrivo in loco? Quanta energia ci toglie dover gestire così tanti prodotti delocalizzati? E’ chiaro che poi il contenuto di alcuni dischi si svuota, si parla con superficialità. Non hai tempo per curare le tue parole. Non voglio questo.

Via dai social.
I social sono un mezzo necessario. Grazie a loro ho incontrato tante bravissime persone che mi hanno dato una mano vera (Andrea, Francesco, Enrico, Chiara, Ilenia) a portare in giro il mio spettacolo, ma c’è un momento in cui dobbiamo cominciare ad andare off-line. Per non parlarci addosso, per non trasmettere stanchezza, rabbia, ritrosia, per renderci conto che tutto quello che abbiamo fatto è stato buono, e lo è stato, ma soprattutto per riuscire a godere di quello che stiamo vivendo in quel momento.
Per guardare un buon film, per leggere un libro, fare una passeggiata in montagna. Per fare una bella mangiata di queste cose da trasmettere nelle canzoni future. Perché voglio dire qualcosa che abbia un senso, voglio qualcosa che rimanga. Alle mie parole ci tengo.
Antifragile ha bisogno di nuova benzina, il suo percorso non è finito. Ho bisogno di riposare, fare altro, saldare i miei debiti e trovare nuovi fondi per il disco nuovo. Ho bisogno di vivere, curare tutto quello che mi riprometto di fare da tempo per uno spettacolo fico. Ho bisogno di guardare la musica con lo stesso entusiasmo di quando sono partita con Antifragile. Mi rendo conto che salita in macchina non posso fermarmi, però ho bisogno di una sosta. Per curare tutto quello che accantono da tempo.
Ci vediamo con i live verso dicembre/gennaio, per ora vi abbraccio.
E sono davvero felice che Antifragile abbia fatto la strada che ha fatto, perché io sono fiera di lui. E di voi.

Elisa